Stavano
calando le tenebre e con esse lampi e tuoni preannunciavano
l’arrivo di un violento acquazzone.
Lungo
una stradina che costeggiava un laghetto avanzava stancamente un
viandante desideroso di trovare al più presto un rifugio
per la notte.
Insperatamente
scorse di lontano una luce che illuminava una targa di latta che
il vento faceva cigolare paurosamente.
Appena
si fu avvicinato sollevò il capo e lesse: ”Locanda
dell’anatra zoppa”.
Accanto
alla scritta una mano incerta aveva disegnato un’anatra che
il sole e la pioggia avevano scolorito, ma che in origine doveva
essere di un bel verde smeraldo, con il becco e le zampette giallo
oro.
Il
pittore doveva essersi sicuramente ispirato alle anatre che
popolavano il vicino laghetto e forse ritrasse quella che più
gli piacque.
Il
viandante senza esitare bussò all’uscio. Dopo un po’
un omaccione grasso, col naso rosso e due baffi neri neri si
affacciò e dopo averlo osservato attentamente lo fece
entrare.
Nonostante
l’aspetto, l’oste era un tipo gentile e dai modi
cordiali.
Il
viandante, che si chiamava Bepi, si sentì subito a casa sua
e corse davanti al camino acceso per riscaldarsi.
L’oste
lo fece accomodare ad un tavolo lì vicino e gli disse che
gli avrebbe servito una buona cena.
Bepi
era proprio affamato e non vedeva l’ora di mettere qualcosa
di caldo nello stomaco.
Dopo
un po’ l’oste tornò con una zuppa fumante di
verdure, miste a pezzi di carne e crostini di pane. A parte un
bicchiere di vino e del formaggio.
Tutto
profumava di buono e Bepi non impiegò molto a finire le
pietanze che aveva davanti.
Prima
di andare a dormire, si fermò un po’ con l’oste
a fare due chiacchiere. Fuori la tempesta infuriava e non sarebbe
stato facile addormentarsi. Ascoltare i racconti di quel brav’uomo
gli avrebbe tenuto compagnia. Chissà quante cose aveva
visto e sentito in quel posto sperduto e magico.
Una
domanda Bepi avrebbe voluto fare all’oste da quando era
entrato là e pensò che fosse arrivato il momento di
fargliela.
Perché,
gli chiese, la locanda si chiama così?
L’oste,
che si aspettava questa domanda, sorrise e iniziò a
raccontare.
Come
avrai notato arrivando qui, poco distante si trova un laghetto.
Oggi è ridotto a poca cosa, ma un tempo era un grande lago,
le acque erano verdi e popolate di pesci.
Sulla
sua superficie nuotavano numerose anatre, germani e cigni candidi
come la neve.
Era
bello vederli tutti assieme spartirsi quel pezzo di paradiso e al
tramonto, quando il sole pareva infuocare le acque, gli uomini
dimenticavano i propri affanni e credevano proprio di essere in
cielo.
Bepi
lo ascoltava attentamente e una gran pace scendeva nel suo cuore.
Un
giorno però giunse in quel luogo, continuò l’oste,
non il solito pescatore, amante della natura, ma un tipo pieno di
sé che pensava di essere il padrone dell’universo e
pertanto in diritto di fare i suoi comodi.
Cominciò
a fare scempio dei pesci, poi prese a inseguire le anatre.
Una
di queste era circondata da una numerosa nidiata di anatrini.
Temendo per l’incolumità dei suoi piccoli, al primo
approccio dell’energumeno gli si avventò contro e
cominciò a beccarlo senza sosta fino a farlo indietreggiare
e a indurlo ad una fuga senza ritorno. Ma prima di fuggire il
marrano era riuscito a colpire furiosamente mamma anatra sulle
zampe fino a fargliele sanguinare.
Rimase
zoppa.
Ma
fu grazie a quella piccola e coraggiosa anatra che quel luogo si
salvò da quello scellerato.
Quando
mio nonno mi lasciò questa locanda decisi di dedicarla a
quell’anatra eroica, grazie alla quale ancora oggi nel lago
nuotano indisturbati pesci e animali acquatici.
Bepi
ringraziò l’oste per avergli fornito tutte quelle
spiegazioni e si ritirò nella sua stanza per andare a
dormire.
Si
addormentò subito e mentre dormiva il temporale sfuriò.
Era ancora buio quando fu svegliato da uno strano rumore, come uno
strascicare di passi sull’impiantito.
Il
rumore veniva da fuori e Bepi tutto stordito si affacciò
alla finestra per vedere chi fosse a quell’ora di notte.
Si
stropicciò gli occhi incredulo, pensando di sognare ad
occhi aperti.
Vide
in lontananza avanzare trascinandosi un’anatra tutta zuppa,
con il capo rivolto verso il lago quasi volesse controllarne ogni
angolino.
Sì,
era proprio lei, l’anatra zoppa, anzi il suo spirito, che
non aveva mai abbandonato il lago e ogni notte faceva il giro di
perlustrazione per assicurarsi che nessuno fosse tornato a
disturbare la pace di luoghi e abitanti.
Bepi
tornò a letto e si tirò addosso le coperte.
Il
mattino seguente, dopo una robusta colazione, riprese il suo
viaggio.
Quando
fu fuori dalla taverna vide l’oste che con colori e pennello
ridipingeva l’anatra riportandola agli antichi splendori.
Non
gli chiese nulla: pensò che anche l’oste aveva visto
lo spirito e voleva ringraziarlo per tanta abnegazione.
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