In
un paesino di provincia come tanti, la cui esistenza è nota
solo a chi ci abita, viveva un vecchio signore che tutti i
compaesani chiamavano nonno Biagio, data la veneranda età.
Nonno
Biagio ogni giorno si svegliava di buon’ora e sorbiva
lentamente il caffè che, da quando la sua adorata Teresa lo
aveva lasciato, soleva preparare da sé con tutta la calma
che solo i vecchi si concedono, spinti dal desiderio di vivere
intensamente ogni attimo di vita che ancora gli rimane.
Poi
usciva di casa per la passeggiatina quotidiana. Indossava sempre
abiti col panciotto, di lino in estate e di lana in inverno,
perché così poteva esibire il bellissimo orologio da
taschino, dono della povera moglie.
Nonno
Biagio in più occasioni aveva rischiato di raggiungerla,
perché il suo cuore di vecchio ogni tanto faceva le bizze e
pareva volersi fermare per la troppa stanchezza. Poi riprendeva la
corsa, come il suo orologio, a cui bastava dare la corda per far
muovere le lancette.
Col
tempo anzi si era convinto che quello fosse il suo cuore di
riserva, pronto a soccorrere l’altro in caso di bisogno.
Aveva
fatto in modo, allora, di riscuotere le simpatie dell’orologiaio
più bravo del paese, se fosse stato necessario il suo
intervento. Un po’ come instaurare un buon rapporto col
proprio medico di fiducia, quello che conosce sempre la cura
giusta per noi.
Ma
il tempo non si arresta mai.
Si
arrestano gli orologi e i cuori degli uomini e nonno Biagio adesso
passeggia tra i beati, accanto alla sua Teresa, con l’orologio
fermo ben in vista.
Perché
lì gli orologi fermi non sono da buttare. Se hai
l’orologio, il tuo nome diventa eterno, come l’ora del
tuo segnatempo.
|