Nel
salotto della
signora Matilde faceva bella mostra di sé una grande
cristalliera, dove l’anziana signora conservava il servizio
buono di bicchieri e qualche pezzo di argenteria.
Su
di un ripiano la donna aveva cominciato, negli anni, a raccogliere
le bomboniere di matrimonio dei figli, prima e, poi, quelle dei
nipoti.
Qua
e là facevano capolino alcuni gattini, in legno, cristallo,
ceramica e vetro.
In
fondo, in un angolo della cristalliera, tutta una serie di
portafortuna provenienti da ogni parte del mondo, donati dai figli
e dagli amici più cari.
Ogni
cosa ricordava un luogo o una occasione particolare.
Insomma, più del diario di
un'intera vita. E sì che la vita di Matilde era stata ricca
ed intensa di avvenimenti.
Quando
una sera, tornata a casa, si accorse che qualcuno era entrato
nell’appartamento in sua assenza, il suo primo pensiero fu
quello di controllare che quel piccolo tesoro fosse ancora lì
e solo dopo guardò nel resto dell’abitazione.
I
ladri comunque le avevano portato via molti ricordi: il suo anello
di fidanzamento e la spilla della zia preferita. Una vecchia
sterlina in oro del papà e l’orologio da taschino del
nonno.
I
primi tempi dopo il furto, com’era comprensibile, la signora
Matilde non riusciva a fare sonni tranquilli e ogni piccolo rumore
la faceva sobbalzare.
Aveva
il terrore che quelli fossero tornati.
Aveva
molte primavere sulle spalle la poverina e certi fatti non si
superano facilmente.
Una
notte, mentre tentava disperatamente di addormentarsi, sentì
come una melodia provenire dal salotto.
Tremava
di paura ma era ancora una vecchia curiosa.
Mosse
qualche passo sulle gambe malferme e si diresse lì dove le
pareva provenisse quel suono.
Era
la cristalliera. Incredula scoprì che i gattini di legno,
di ceramica e di vetro miagolavano e ballavano come al suono di
una dolce melodia.
La
poveretta si stropicciò gli occhi più e più
volte, ma la scena non cambiava.
Ad
un tratto, anzi, quelle che per lei erano allucinazioni
peggiorarono perché si sentì chiamare da una gattina
che portava una paglia sul capo.
"Ciao
nonna", le disse, "non ti ricordi di me? Sono il tuo
ritratto di tanti anni fa".
Matilde
si avvicinò per guardare meglio e ricordò in quello
sguardo disperato e sperduto qualcosa a lei famigliare.
Le
vennero i brividi, le si inumidirono gli occhi e ricordò
l’infinita tenerezza di quel dono fattole da un uomo a lei
molto caro, in un momento per lei critico.
Nonna
Matilde guardò ancora la gattina triste e questa volta la
vide sorridere incoraggiante.
Si
girò e lo vide seduto alle sue spalle, alla sua solita
poltrona; la guardava, attento ad ogni sua azione, come per
proteggerla.
Lui
conosceva le sue paure e i suoi desideri.
Era
da tempo che non tornava a trovarla.
Si
sedette alla poltrona accanto a lui e, come una volta quando la
sera guardavano la televisione, si addormentarono mano nella mano.
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